ANTOLOGIA
CRITICA
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I quadri di David non sono semplicemente referti più o meno fedeli della realtà.
Anche se posseggono il fascino di una naturalezza che è rara nell'arte dei
nostri giorni, essi dialogano innanzitutto con la pittura, che - ci fa capire
l'artista - non è affatto una lingua morta. E' un dialogo con interlocutori
diversi che corre lungo almeno tre secoli e vi si riconoscono, tra gli altri,
gli accenti inconfondibili di Caravaggio e di Vermeer, di Recco e di Chardin. La
facilità di lettura con cui l'immagine di un'agave o di un cartoccio di
acciughe, di una cesta di prugne o di un pendolo di sorbe si presenta ai nostri
occhi, lasciandosi docilmente ispezionare fin nei minimi dettagli - e sono
dettagli che riguardano, ad un tempo, le caratteristiche della cosa
rappresentata e della pittura stessa - è soltanto il punto di partenza, la
condizione preliminare perché si possa poi apprezzare la qualità, tutt'altro che
comune, di questi dipinti dalla tessitura pittorica fittissima, nutrita di una
delicata ed insinuante varietà di umori cromatici.
Giuseppe
Tanzillo, 2000
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I suoi dipinti, che raggiungono una sorprendente efficacia realistica,
possiedono un robusto impianto compositivo, che assegna ad ogni cosa il suo
giusto posto. Una metrica spaziale estremamente semplice e rigorosa procede
quasi sempre lungo un solo asse, orizzontale o verticale, in accordo col formato
del dipinto, distribuendo accuratamente gli elementi della composizione in modo
da evitare squilibri e affollamenti disordinati. L'arte di Mauro David è quanto
di più lontano si possa immaginare dalla confusa e approssimativa estemporaneità
di tanti pittori figurativi per i quali la sincerità espressiva consisterebbe
nel fermare sulla superficie del quadro la casualità delle proprie
impressioni della realtà.
Tutto
in questa pittura sembra rispondere ad un principio di ordine, non rivolto a
mortificare la sensibilità, ma ad esaltarne i valori, purché contenuti entro i
limiti di una concezione che sa contemperare ragione e fantasia. Così il colore
non concede nulla al facile vezzo degli ispessimenti materici o delle sbavature
e delle irregolarità del ductus.
Anche quando non emerge dall'oscurità dello sfondo, risulta sempre accordato con
una forma plastica nitidamente definita. E tuttavia, quando si osservino con
attenzione i dipinti di David, ci si accorge che in essi si dispiega una
notevole varietà di gradienti luminosi e cromatici e che questa varietà può
giungere talvolta, in particolare nelle nature morte con pesci e crostacei, a
sfiorare la sontuosa bellezza di certe composizioni barocche.
La
pittura di David non è mai il risultato di un'esercitazione fine a se stessa. La
compatta levigatezza delle stesure serve a realizzare una totale aderenza del
colore alla cosa rappresentata, al
punto da farlo diventare quasi la pelle di una realtà tornata miracolosamente a
vivere nella dimensione della pittura …
Luigi
Simonetti, 2000
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Di fronte a questi dipinti, dove ogni particolare sembra rispondere ad
un'esigenza di verità, accordandosi puntualmente alla percezione visiva del
mondo fenomenico, si può essere indotti a pensare che la principale qualità di
Mauro David consista in una
straordinaria duttilità mimetica che gli consente di far rivivere nello spazio
virtuale del quadro quel frammento di realtà su cui di volta in volta si ferma
il suo sguardo. La sua pittura, lontana dai sofisticati e spesso gratuiti
intellettualismi di tanta arte contemporanea, si direbbe avere il merito di
parlare con l'evidenza chiara e convincente del senso comune.
Per
capire che non è così e che l'impressione di familiarità con cui si presentano
questi dipinti non si spiega con una ingenua disponibilità ad adeguarsi ai dati
forniti dalle percezioni ottiche, ma chiama in causa, prima ancora che
l'indubbio virtuosismo della tecnica, precise opzioni culturali e linguistiche,
basta confrontare le nature morte di David con quella produzione pittorica,
dilagante sui circuiti del mercato più alla mano, che viene incontro a una
diffusa richiesta di comprensibilità del linguaggio artistico fornendo immagini
che imbellettano la "verità" e ricorrono ai più volgari lenocini cromatici. Le
opere di David, facilmente accessibili nei loro contenuti figurativi, ma dotate
di una solida struttura formale e di una bellezza seducente ed insieme
castigata, si collocano ad una distanza incolmabile dagli esempi di quel cattivo
gusto che ama imbandire le proprie sguaiate abbuffate di colore sui luoghi del
degrado morale e della miseria. Qui, invece, nella silenziosa e pacata dignità
di una pittura che evoca persone ed oggetti di un mondo domestico, c'è una
scelta precisa, nata sul terreno di un'assidua e vigile frequentazione della
tradizione, alle fonti soprattutto del naturalismo seicentesco, e ribadita nelle
sue motivazioni anche di ordine etico.
Vitaliano
Corbi, 2001
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E' davvero singolare il modo in cui i quadri di Mauro David riescono a
conciliare il forte impatto percettivo, provocato dalle contrastate e a volte
persino violente partiture chiaroscurali, con la singolare dolcezza degli
impasti, la misurata essenzialità della composizione e la sobrietà della materia
cromatica. Il risultato fa di queste tavole così vicine al mondo dei nostri
affetti quotidiani un esempio di pittura dal prezioso sapore antico.
Lucia
Lorenzini, 2001
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Qual è, dunque, il tempo della pittura di David? Le sue opere, apparentemente
neppure sfiorate dai problemi e dai tormenti dell'arte contemporanea, raccontano
di avventure che si sono svolte lontano dal terreno accidentato del presente.
C'è stato chi vi ha visto i segni di una felice rivisitazione tardo ottocentesca
e la ripresa di certi aspetti del verismo meridionale, liberati, però, sia dalle
asprezze delle denunce sociali sia dai facili languori sentimentali. Ma se in
molte figure femminili l'artista pare davvero accostarsi a qualche esempio della ritrattistica di
quel tempo che continua a catturare il cuore di tanti collezionisti d'arte,
nelle nature morte, che costituiscono la parte decisamente preponderante della
sua produzione, l'animo è rivolto altrove. Gli itinerari della memoria e della
fantasia, che in David sono sempre inestricabilmente intrecciati, spaziano con
notevole libertà su territori più ampi, gravitando se mai intorno ad alcuni ben
noti passaggi seicenteschi, dove risuonano familiari accenti napoletani.
In
realtà, il tempo della pittura di David è quello che noi stessi abitiamo. Ma non
è il presente smemorato e privo di spessore di chi insegue affannosamente le
sollecitazioni della società dei consumi. Riprendendo un'etichetta critica che
ha avuto qualche fortuna negli scorsi decenni, Mauro David potrebbe essere
definito un "anacronista", poiché nelle sue opere circolano segnali che, come
tutte le cose che appartengono all'orizzonte del presente, hanno età differenti
e recano, con i ricordi del passato, la nostalgia di quella stagione felice che
ognuno di noi crede di avere alle proprie spalle.
Carlo
M. Avolio, 2001